L’uomo è cibo: è ciò che mangia.
(La donna pure, con tutte le calorie annesse di cui siamo solite lamentarci!).
Il cibo è il motore dell’esistenza umana e, se all’arte spetta il compito di rappresentarla secondo l’interpretazione di chi ha in mano il pennello o qualsiasi altro mezzo, va da sé che il cibo sia protagonista di numerosissime opere artistiche che hanno segnato il corso della storia.
Dalla zuppa Campbell di Andy Warhol, alle forchette animate di Bruno Munari e, prima ancora, dai geroglifici che raffigurano scene di caccia alle nature morte ricche di bottiglie di vino, frutta e cacciagione: l’arte ha raccontato il contesto culinario del suo tempo, la quotidianità dell’uomo in cucina e a tavola.

L’arte di far desiderare il cibo, perché l’estetica a tavola è iniziata ben prima delle foto su Instagram!
Il Maestro Gualtiero Marchesi scrive che “appetibilità è la facoltà dei cibi di farsi desiderare prima di essere mangiati“. Il cibo è direttamente collegato alla forma, al colore, al contesto e all’estetica.
Perché una soffice fetta di torta ci fa venire l’acquolina in bocca, mentre un minestrone può non avere un aspetto per nulla invitante? Ehm… che domanda!
E nessuno avrebbe inventato i coloranti alimentari se l’estetica nel cibo fosse poco importante.
Le stesse confezioni dei prodotti al supermercato hanno dei colori “invoglianti”, studiati per indurci all’acquisto. Fateci caso: da quando tutto deve essere bio, al supermercato è facile individuare i prodotti di questa fascia, o presunti tali, perché hanno colori che richiamano la natura e la terra, primo fra tutti il verde.
La differenza tra Instagram e Caravaggio
Viviamo nell’era in cui prima scatti e poi mangi, ma attenzione: il nostro genere di natura morta non ha nulla a che vedere con la Canestra di Frutta di Caravaggio, perché lui indagava la realtà, mentre la maggior parte delle volte non è la realtà a interessare chi pubblica una foto di Food su Instagram.
D’altronde “l’esaltazione del prodotto approfitta della reputazione (di autenticità) di cui gode l’immagine fotografica”, dice sempre il Maestro. La fotografia è oggi uno dei mezzi più utilizzati per fare arte con il cibo, visto che riesce a sopperire egregiamente alla sua inevitabile deperibilità.

Il cibo nell’arte ha raccontato l’uomo, rappresentandone gli usi e i costumi del tempo, diventando allegoria dei suoi eccessi, strumento di denuncia o semplicemente un mezzo di ricerca creativa.
Quando tocchiamo quest’argomento immenso che è l’arte fatta col cibo e il loro legame intrinseco, non possiamo evitare di menzionare alcuni esempi emblematici e memorabili che hanno segnato la storia, come il Futurismo culinario.

Futuristi in cucina
Il banchetto futurista è un pranzo-spettacolo fatto di accostamenti deliranti (più o meno come un qualsiasi pranzo domenicale in famiglia!).
Il cibo sarà assolutamente light, non tanto per questioni di prova costume, piuttosto perché per i futuristi l’appanzamento da bucatini a pranzo non favorirebbe dinamismo, slancio vitale, vigore fisico e intellettuale. Vietata la pasta!
Dal punto di vista scenico i futuristi utilizzavano musiche, poesie e rumori di contorno e abolirono l’utilizzo delle posate per sollecitare il tatto. Lo chef – l’artista – doveva creare un piatto differente per ogni commensale che avrebbe quindi avuto la sensazione di mangiare un’opera d’arte unica e irripetibile.

Il Giornale.it
La Taverna del Santopalato fu il primo ristorante di cucina futurista in Italia e al mondo, inaugurato nel 1931 a Torino da Filippo Tommaso Marinetti in persona.
Le pietanze artistiche (di cui trovate lumi nel suo libro-manifesto La cucina futurista) si chiamavano brodo solare, aerovivanda, pollofiat, dolcelastico… Qualcuno ai giorni nostri ha provato a rifare – male, direbbe Marinetti – il carneplastico, probabilmente per servirlo ai parenti più simpatici.

Will Cotton: fra zucchero filato e decadenza
L’artista americano Will Cotton ritrae un mondo infantile ideale alla “Candy Land e Willy Wonka” dove, fra nuvole di zucchero filato e panna montata, si fondono evidenti riferimenti alla cultura pop e citazioni di grandi maestri della storia dell’arte figurativa.
Il suo mondo zuccheroso è in realtà il ritratto della civiltà decadente e superficiale che si nasconde dietro allo smodato consumismo, indulgente e schiava del desiderio. I suoi quadri rappresentano una dolcezza così stucchevole da diventare quasi ripugnante.

Cotton ha spesso ritratto ragazze dell’alta società newyorkese o protagoniste del mondo dello spettacolo, è il caso di Katy Perry, per la quale ha realizzato il dipinto Cotton Candy, diventato anche l’immagine della copertina del suo album Tenage Dream.
Dalla cucina al museo
Nell’ultimo secolo nel mondo dell’arte si è sviluppata una certa tendenza a utilizzare elementi che ci aspetteremmo di trovare in una dispensa ben fornita, per creare opere da museo.
Vic Muniz ha fatto arte un po’ con tutto, a pennello e colori a olio ha preferito, fra le varie cose, anche gli avanzi di cibo, diventando un po’ l’Arcimboldo dei nostri tempi. Ci ha regalato una delle più squisite riproduzioni della Gioconda, Double Mona Lisa fatta di marmellata e burro di arachidi. Certo le sue opere hanno una data di scadenza e perciò rimangono documentate solo fotograficamente.

Prêt-à-porter o prêt-à-manger?
Di cibo si è vestita l’eclettica Lady Gaga per la quale lo stilista Franz Fernandez ha realizzato, in occasione dell’MTV Video Music Awards del 2010, un abito di… bistecche!
Una vera e propria opera d’arte, successivamente prestata dalla cantante al museo Rock and Roll Hall of Fame, che l’ha conservato trattandolo in modo da evitarne il deperimento.
E per la serie “guardaroba commestibile” c’è anche la raccolta fotografica Wearable Food della stilista coreana Yeonju Sung, che ha creato eleganti abiti dallo stile ricercato utilizzando pane, bucce di pomodori e fette di melanzane.



Quando il cibo diventa famoso grazie all’arte
Qualche anno fa gli artisti inglesi Sam Bompass e Harry Parr hanno utilizzato la Jelly-O, una gelatina prodotta dalla Kraft molto utilizzata nei paesi anglosassoni, per realizzare delle fedelissime miniature gourmand dei monumenti più celebri del loro paese.
La Kraft nel 2011, cavalcando l’onda del successo, ha addirittura deciso di indire un concorso scultoreo: la Jello Mold Competition.
Non è raro che un marchio utilizzi la fama arrivata dal mondo dell’arte per incrementare le vendite: basta pensare alla Campbell‘s Soup, la zuppa più famosa della storia, che in occasione del cinquantesimo anniversario dell’opera di Andy Warhol, gli ha dedicato un’edizione limitata, con barattoli di latta super Pop a tema Factory.

Insomma è impossibile scindere l’arte dal cibo, che poi la cucina stessa è un’arte, lo chef è un artista e i suoi piatti opere. L’importante, a questo punto, direi che è stare attenti a non mangiarsi un’opera dal valore inestimabile, perché abbiamo capito che può succedere!
Vi è venuta fame? O state progettando la vostra opera d’arte a base di cibo?
Mentre uscite dalla decisione, se l’argomento vi appassiona, considerate la lettura di La tavola imbandita – Storia estetica della cucina di Gualtiero Marchesi e Luca Vercelloni. Attraverso una ricostruzione storica, artistica e culturale questo preziosissimo libro scandisce l’evoluzione dell’estetica a tavola.
