La cucina siciliana è uno stato mentale. Sono nata a Catania, ma solo recentemente ho raggiunto questa consapevolezza.
A causa del mio accento trevigiano, al Sud, dove sono nata, mi è spesso capitato di essere trattata come una qualunque nordica in visita. Questo è accaduto soprattutto quando mi sono fidanzata con un messinese e ho iniziato a frequentare la sua città, nonché i suoi cari. Ho trascorso lunghe vacanze ad assaggiare questo e quello, senza sosta, perché a Messina non c’ero mai stata e onorare la tavola, in questi casi, ha un valore uguale, se non superiore, alle immancabili visite ai monumenti e ai luoghi caratteristici del territorio. Così ho compreso a fondo come si può sentire un forestiero che decide di recarsi nell’isola della Trinacria: molto sazio!
Per un siciliano il cibo è il primo punto di connessione umana: all’ospite fanno assaggiare tutto. Se siete delle buone forchette, ma anche se non lo siete, questa sarà per voi una delle esperienze più intimamente toccanti della vita, perché quei sapori e quelle fragranze vi entreranno dentro per non essere mai dimenticate: la cucina siciliana è la più alta espressione di sensualità e piacere a cui si possa pensare.
LA CUCINA SICILIANA NASCE IN UN LUOGO CREATO PER SOGNARE
Parliamoci chiaro, tavola a parte, la Sicilia è una delle terre più suggestive e conturbanti d’Italia: ha il mare e i colli, panorami mozzafiato, un vulcano – Idda, a Muntagna: l’Etna – , luoghi ricchi di cultura e storia, una natura spesso selvaggia che si contrappone alle città brulicanti, calde, chiassose e caotiche e, poi, il folclore che è pura espressione di appartenenza.
Il cibo di questa terra la rappresenta appieno: tanto, colorato, saporito, variegato, dolce, salato e chi più ne ha più ne metta.
Per la categoria dove mangiare cosa, direttamente dai nostalgici ricordi della somma di tutte le mie vacanze in questa terra, ecco i cibi che dovete assolutamente assaggiare se vi capiterà di visitare Catania e Messina.
MESSINA, L’APPRODO DEI SAPORI

LA FOCACCIA MESSINESE
Se quasi in tutta Italia il sabato sera ruota intorno a pizza e birra, a Messina, invece, è la focaccia a fare da padrona. “La focaccia è focaccia, punto!” dice un messinese DOC quando gli chiedi di paragonartela a qualcosa. Posso confermarlo.
Già la parola focaccia a seconda della sua collocazione geografica assume forme differenti, basti pensare a quella genovese, che nulla ha a che vedere con quella pugliese, né, tantomeno, con quella messinese.
A Messina la focaccia ha un impasto né troppo alto, né troppo soffice, croccante soprattutto ai bordi e si condisce con tuma (il formaggio tipico), scarola riccia (indivia), pomodorini e acciughe, che vanno letteralmente incastonate nell’impasto. Questa è la versione tradizionale, ma chi le sforna tutti i giorni propone sempre delle varietà intriganti da testare.
Se vi trovate in città ci sono un paio di posticini dove vale davvero la pena mangiarla: Panetteria Nunnari in viale Boccetta, La Cicala Gold, a Granatari, in via Consolare Pompea, Sale & Pepe in via Consolare Valeria e Cannata in via Nazionale (che ha una comoda succursale anche a Milano!).

I PITONI
Non chiamateli calzoni!
Al massimo potete chiamarli Pidoni! Questi fagotti fritti a forma di mezzaluna sono classicamente farciti come la focaccia tradizionale. I Pidoni per eccellenza sono quelli di Ritrovo Portella, con sede storica sui colli di Messina in via Portella Castanea e nuova sede, recentemente inaugurata, in pieno centro cittadino.

LE BRACIOLE DI CARNE E PESCE SPADA
Nella mia vita la braciola ha sempre avuto la forma di una fetta di carne, poi sono arrivata a Messina e ho sentito abbinare questa parola a tutt’altro.
Le braciole messinesi sono degli involtini di manzo o di vitello (più tenera e impalpabile è la carne meglio è) che vengono conditi con pangrattato, aglio, prezzemolo e formaggio; spesso vengono anche preparati con granella di pistacchio. Questi fagottini, poi, vengono infilzati tutti allineati in uno spiedino e serviti arrosto.
Squisiti anche nella variante al pollo e sublimi quando sono di pesce spada, li chiamano involtini di spada alla messinese e sono fatti più o meno secondo lo stesso concetto. Noi spesso ce ne facciamo spedire una scorta da surgelare con il classico “pacco da giù”. Le braciole più buone, forse, sono quelle della macelleria Lipari, che ha sede in via Sant’agostino e a Granatari, in via Consolare Pompea.

PIGNOLATA MESSINESE
Un dolce fatto della stessa sostanza dei sogni, ovvero piccoli bignè compatti, fritti nello strutto e, poi, ricoperti con glassa al limone e al cioccolato. Pare che i messinesi abbiano preso la ricetta dai loro dirimpettai calabresi, arricchendola con questi due tipi diversi di glassatura che vengono sempre messi uno accanto all’altro. Trovo che sia giusto, nonché generoso: perché dover scegliere fra bianco e nero quando si può fare una cucchiaiata di qua e una di là?
Vi consiglio di prendervi del tempo per accomodarvi alla pasticceria Irrera un luogo dove scegliere cosa ordinare rischia sempre di creare qualche crisi mistica interiore.

A CATANIA, QUEL LUOGO SOSPESO FRA PASTICCERIA E ROSTICCERIA CHE SI CHIAMA PARADISO

DOLCE O SALATO?: QUESTO È IL PROBLEMA
A Catania, quando entrate in alcuni bar e in quasi tutti i panifici, si presenta un problema: dolce o salato?
Non importa che sia mattina, pomeriggio o notte fonda, sì perché al Sud se vi viene fame alle quattro del mattino qualcuno pronto a saziarvi lo trovate sempre, il punto rimane cosa diavolo ordinare!
PER COMPRENDERE LA CUCINA SICILIANA DOBBIAMO PROCEDERE PER GRADI
Un bar con la -B- maiuscola, come possono esserlo i notissimi Savia, Mantegna, Caffè Europa e Prestipino (qualche nome di rappresentanza, ma ce ne sono molti altri), ha un’offerta sconfinata che comincia dal banco della pasticceria, dove si alternano cannoli, cassate, babà, pasticcini con panna e fragoline, mignon al pistacchio, paste di mandorla, frutta martorana e potrei andare avanti a scrivere fino ad esaurimento caratteri. Tutto questo ovviamente senza menzionare la granita con la brioche, che è un altro mondo ancora. I veri “pezzi di colazione” sono i panzerotti alla crema, al pistacchio e al cioccolato, poi, l’iris, ovvero un panino al latte impanato nella gioia e fritto nella libidine, sempre ripieno. La graffa è una ciambella fritta e zuccherata, mentre la raviola è a forma di mezzaluna ed è farcita con ricotta di pecora, dal velato sentore di cannella e ricca di gocce di cioccolato.

LA GIOIA È UN PIATTO CHE VA SERVITO FRITTO
Se ci si accomoda per pranzo le cose sono due: ordinare qualcosa dalla gastronomia, o buttarsi su tutto ciò che è fritto, lievitato e riccamente farcito. Se pensate che la scelta sia semplice non avete ancora capito nulla della cucina siciliana.
La gastronomia è generalmente un tripudio di timballi, pasta alla norma, parmigiana di melanzane, pesce spada in ogni sua declinazione, falsomagro, caponata e verdure grigliate.
Dall’altra parte ci sono gli arancini, le pizzette (e non fate l’errore di darle per scontate), le bombe con formaggio e prosciutto fritte o al forno, la siciliana fritta, spesso preparata anche con tuma e alici, le cipolline e le cartocciate, che sono le mie preferite.
Voi sareste veramente in grado di prendere una decisione?

LA CARNE DI CAVALLO DI VIA PLEBISCITO
La carne di cavallo a Catania si mangia in via Plebiscito, è così da sempre. Un’esperienza forte, da fare preferibilmente in compagnia di una guida autoctona, perché il quartiere in questione non è esattamente fra i più rassicuranti.
Quando la parola Street Food non è mai stata tanto azzeccata: la carne di cavallo si arrostisce per strada, sul marciapiede. Ottima la fettina condita col salmoriglio, un mix di olio, sale, aceto e origano, i panini, le polpette, da accompagnare sempre con insalata di pomodoro, cipolla e ricotta salata e, poi, rigorosamente la cipollata: un cipollotto avvolto in succulenti fette di pancetta fatto alla brace.
Via Plebiscito è costellata di braceri fumanti, avrete l’imbarazzo della scelta.

CANNOLI, CASSATE E MINNE DI SANT’AGATA LA TOP TRE DELLA CUCINA SICILIANA
Avrei potuto cominciare esattamente da qui, perché cannolo e cassata sono ormai due cibi cult della cucina siciliana. Non l’ho fatto perché sicuramente li conoscete e, almeno una volta, li avete assaggiati, anche se, come me, vivete al Nord, perché non è difficile trovare siciliani espatriati che producono ottimi prodotti lontano da casa.
Probabilmente vi saranno meno note le minne di Sant’Agata, anche dette cassatelle, che sono delle piccole cupole coronate da una ciliegia candita. Nel nome e nella forma sono un chiaro richiamo al nome della Santa patrona di Catania, alla quale fu strappato il seno in giovanissima età. I catanesi sono profondamente legati alla loro santuzza, che celebrano ogni anno dal 3 al 5 febbraio con chiassosi e colorati festeggiamenti. Il folclore e la partecipazione sono tali da averla resa una delle feste religiose cattoliche più seguite al mondo.


SE LA GRANITA FOSSE UNA PERSONA…
Io sarei la brioche e ci sposeremmo per vivere felici e contenti in eterno. Voglio chiudere con questo lieto fine, raccontandovi quanto sia speciale svegliarsi una mattina in pieno agosto, prendere l’asciugamano (che in Sicilia è la tovaglia da mare), ficcarsi un costume e dei pantaloncini corti e poi fare strada verso il bar. Sedersi sulle sedie in plastica scottandosi le cosce e ordinare una granita con brioche, da mangiare espressa, prima di andare in spiaggia.
La brioche col tuppo arriva calda, dev’essere aperta e affogata nella granita. Io la prendo sempre al cioccolato, da quando ero bambina, e non voglio cambiare nonostante abbia assaggiato gusti stratosferici fra more, gelsi, mandorla, fichi e caffè. La mia è una questione di cuore. Qui trovate la ricetta che prepariamo in casa quando abbiamo seri attacchi nostalgici.

N.B.: Sono perfettamente cosciente che in questo articolo mancano moltissimi cibi o luoghi altamente significativi ma questa è la somma dei miei ricordi e dei miei gusti, quindi, e parlo a voi siciliani severi, gelosi e attenti a far rispettare la vostra tavola, potrebbe risultare incompleta. Una cosa è certa: questo articolo è stato scritto con profondo amore.
2 Commenti
Una lista sconfinata e soprattutto da acquolina in bocca ???
È vero Enza, difficile non farsi venire l’appetito e la voglia di volare in Sicilia!