La Napoli da scoprire è una Napoli insolita in cui ci si ferma nelle tappe che per tutti sono “solo di passaggio” ma che è impossibile perdersi: vi porto con me in una passeggiata di luoghi caratteristici da visitare per scoprire le leggende legate a questi posti da vedere e le prelibatezze che dovete assolutamente gustare.

La Napoli quattro stagioni: ecco perché è bello visitare la città tutto l’anno
Bugiardo è chi dice che novembre non ha il suo fascino, coi vichi (vicoli) bui e le santiere coi fiori freschi e i lumini accesi. Settembre porta con sé gli zaini e l’entusiasmo dei primi iscritti all’università e il brulichio incessante delle ansie degli esaminandi che concludono la sessione estiva: Piazza San Domenico Maggiore è un crocevia di lingue e dialetti, aromi e merletti, storia e pizza gourmet.
Agosto e luglio portano i turisti ma la città regge la pressione e offre rifocillo e belvedere in ogni angolo.

La primavera sboccia nei quartieri coi calzoncelli corti dei ragazzini, gli occhiali da sole sulle bancarelle e gli ambulanti che spingono il naso fuori dalle botteghe.
Dicembre, oh dicembre. Non si spiega Napoli a dicembre.
Se poi l’estate brulica e in inverno ci va cauta, d’autunno profuma di caldarroste e zucchero vanigliato: come una pasta (dolce monoporzione) appena sfornata.
Ogni momento è quello giusto per scoprire una Napoli insolita che lascerà sempre senza fiato.
Le leggende di Napoli e i luoghi da vedere alla ricerca dell’insolita tappa
Piazza Dante: da qui si comincia a scoprire Napoli

Snobbata dai più, vista come una semplice fermata della metropolitana è invece il luogo dove inizia la scoperta.
Immersa in un complesso di edifici storici e chiese monumentali, la piazza che ospita il Sommo Poeta e che un tempo ospitava numerose librerie tra le più prestigiose del Paese, è oggi un punto di passaggio in cui i turisti non indugiano moltissimo.

Al cospetto del grande convitto Vittorio Emanuele II che sovrasta la piazza, ci sono le bancarelle dei libri.
Grandi espositori di libri di ogni genere a prezzo stracciato. Accostarsi è estremamente pericoloso: si rischia di cominciare la giornata con 15 libri nello zaino e un sacco di strada ancora da percorrere.
Il mio consiglio è quello di comprarli e di lasciarli in custodia al negoziante per poi passare a prenderli a fine giornata.
Della Napoli da scoprire fanno parte anche gli acquafrescai.
All’estremità che confina con via Toledo troviamo due chioschi di bibite, uno dei quali artistico con le sue variopinte piastrelle decorative, imperdibili per la limonata a cosce aperte.

Cos’è? Una limonata con bicarbonato, necessaria per digerire i fritti che si mangiano per le strade della città, che va presa in piedi, protesi in avanti con le gambe divaricate per non sporcarsi.

Scopri la leggenda e oltrepassa Port’Alba di Napoli
Questo storico arco che simboleggia l’ingresso verso il centro storico della città, immerge il turista nel profumo della pizza a portafoglio e dei libri antichi esposti in strada.

Chiamata anche l’antico pertuso (il vecchio buco), la porta sorge oggigiorno al posto di un vecchio torrione di guardia.
Si narra che gli abitanti della zona, stanchi di dovere allungare il tragitto per entrare e uscire, cominciarono a scavare di nascosto, alla base del torrione, nu’ pertuso, ovvero un buco per il passaggio. Le autorità lo tappavano di continuo finché qualcuno tornava a scavare. Fu così che il principe don Paolo di Sangro di San Severo, pregò il viceré di erigere una porta presso il largo Mercatello (attuale piazza Dante). Cosi, il viceré Duca d’Alba acconsentì alla costruzione della porta che, da lui, prese il nome.

La strega di Port’Alba
Si narra che “Maria ‘a rossa”, all’interno delle mura cittadine di Port’Alba, amava, ricambiata, Michele un conciatore di pelli che però viveva al di fuori delle mura, per cui i due innamorati fino ad allora non si erano mai potuti neanche abbracciare. L’apertura della porta rappresentò per i due finalmente il coronamento del loro amore.
Ma qualcosa andò storto: una sera la coppia stava rincasando sottobraccio, quando all’altezza di una piccola fontana sentirono un tuono che immobilizzò il ragazzo.
La donna cercò di trascinare il suo uomo pietrificato e, quando decise di rientrare a casa, Michele rimase lì terrorizzato, allontanandosi per sempre da lei. Da quel momento in poi, la donna lentamente iniziò a trascurarsi, degenerando mentalmente e fisicamente tanto che cominciarono a chiamarla “la strega di Port’Alba”.
Poiché strega, fu poi rinchiusa in una gabbia che stava appesa a un gancio proprio sotto l’arco della Porta e lasciata morire di fame e di sete. Il suo cadavere anziché decomporsi, cominciò a pietrificarsi. Oggi resta solo l’incavo nella pietra a cui era appesa la gabbia e un’ombra che si aggira di notte tra le librerie e le botteghe.
Piazza Bellini: una movida di Napoli tutta da scoprire
Arrivando da Port’Alba, prima di girare a sinistra per raggiungere la piazza, è obbligatorio prendere la “pizza a portafoglio” a 1 euro alla Pizzeria Bellini: il take away più saporito ed economico che si possa assaggiare.
Camminando e mangiando, poi, si arriva alla piazza sulla quale si protende l’antica libreria BRAU (Biblioteca di Area Umanistica), si alternano i baretti e si sente la musica classica che dalle finestrelle dal conservatorio si affaccia sugli scavi romani a cielo aperto.

Seppur piccolina, la piazza è costantemente frequentata e affollata ed è il posto giusto se ci si vuole confondere con la movida locale. I giovani napoletani la prediligono per il gli aperitivi a poco prezzo da consumare all’esterno dei micro-localini che la tappezzano. La grande affluenza di giovani in un posto così storicamente intriso è del tutto ossimorica: a cielo aperto ci sono i resti archeologici delle mura della Napoli greca e il monumento dedicato al compositore Vincenzo Bellini. A circondare la piazza ci sono la BRAU (biblioteca universitaria in cui ho buttato molto sangue per le tesi di laurea), l’Accademia delle Belle Arti e il Conservatorio San Pietro A Majella da cui si sentono le note e i concerti sporgersi dalla finestra che affaccia sul vicolo adiacente ad esso.

Scoprire il chiostro della BRAU
Gli edifici che concorrono alla costituzione del complesso sono il Convento di S. Antoniello a Port’Alba e il Palazzo Conca che abbracciano un chiostro ombreggiante, negli anni ristoro delle monache, oggi degli studenti.
Programmare una visita agli antichi libri di letteratura, osservare i polverosi volumi di storia e poi sdraiarsi sulle panchine di marmo del Chiostro… sarà un’esperienza da raccontare.
Il conservatorio di S. Pietro a Majella
Altri chiostri della Napoli da scoprire sono quelli del Conservatorio: qui ce ne sono ben due da ammirare, oltre alle sale della musica costruite dove un tempo c’erano le celle dei monaci (il conservatorio era prima un orfanotrofio) e a un grandissimo archivio storico che custodisce cinque secoli di storia della musica e documenti inediti che formano “la memoria” della città.

Manoscritti e libretti d’opera dei più grandi musicisti di tutti i tempi sono custoditi nella biblioteca e il museo invece conserva, tra l’altro, la raccolta più numerosa in Europa di strumenti d’epoca restaurati e perfettamente funzionanti!
Il gioiello della collezione è la piccola arpa costruita da Antonio Stradivari finemente scolpita in legno di pioppo. Si tratta di uno dei soli tre esemplari esistenti al mondo.

Percorrendo via Maiella e piazza Miraglia si trovano numerose pizzerie storiche in cui mangiare. Ma che senso ha sedersi a tavola se si ha tanto ancora da vedere?
Il mio consiglio è quello di percorrere Vico S. Domenico Maggiore per raggiungere Piazza S. Domenico Maggiore. Qui ho lasciato il cuore quando ho terminato l’università.
A Napoli bisogna passare per piazza S. Domenico Maggiore
L’obelisco col santo in bronzo che fa la guardia alla piazza, la chiesa alle spalle, i bar coi caffè più buoni ed economici di Napoli tappezzano tutta la via.
La piazza è il crocevia del Centro antico napoletano, dove Spaccanapoli incontra Mezzocannone, la via delle università. Da qui si va a San Gregorio Armeno, la stradina dei presepi.

Da settembre a luglio la piazza brulica di studenti, accoglie mercatini dell’artigianato e abbraccia i giovani gruppi di artisti di strada. Bere un caffè (per gli studenti costa 0,50 cent) al Caffè Letterario (il mio preferito) o alla Caffetteria S. Domenico (il preferito di mio marito, immaginate la lotta) e fermarsi ad ascoltare lo strimpellare di una chitarra, fa cominciare la giornata dal verso giusto.
Se è ora di pranzo potete mangiare la Pizza Gourmet a Palazzo Petrucci e poi allungarvi da Scaturchio per la sfogliatella, da Gay Odin per il tronchetto a cioccolato e da Casa infante per la nuvoletta alla panna.
Sì, “ve l’avita mangià” tutte e tre.


La sanguinaria leggenda
Maria D’Avalos è il fantasma più famoso di Napoli.
La principessa aragonese convolò a nozze, nella Chiesa di San Domenico Maggiore, con suo cugino Carlo Gesualdo che era però possessivo e ossessivo. Maria, con alle spalle già due matrimoni, cedette quindi al corteggiamento di Fabrizio Carafa.
A Napoli l’inciucio non è mai silente e cominciarono a farsi insistenti le voci che parlavano dell’adulterio della principessa. Con una trappola ordita dal cugino di Carlo (Giulio, amareggiato perché in passato respinto da Maria) i due furono colti in flagranza di reato e uccisi.
Leggenda vuole che, da allora, tra l’obelisco di piazza S. Domenico e il celebre Palazzo di Sangro dei Principi di Sansevero, si sentano ancora riecheggiare le urla agghiaccianti di Maria d’Avalos.
C’è chi dice, inoltre, che nelle notti di luna piena sia possibile vedere una donna in veste da notte e capelli mossi che si aggira nei vicoli.

Avanzando per Via Benedetto Croce si arriva a piazza del Gesù. Percorrere questa via vuol dire ingrassare 3 kg solo a guardar le leccornie in vetrina.
Se sei in cerca di buone energie a Napoli vai a piazza del Gesù

Chiesa del Gesù Nuovo
La chiesa del Gesù Nuovo sorge dove un tempo c’era il palazzo Sanseverino di cui fu salvata solo la facciata.
Essa è caratterizzata da particolari bugne, una sorta di piccole piramidi aggettanti verso l’esterno, che presentano degli strani segni incisi dai “tagliapietra” napoletani.
Nel Rinascimento esistevano a Napoli alcuni maestri della pietra che si credeva fossero in grado di caricarla di energia positiva per tenere lontane le energie negative.

Scopri come adottare una bugna
La leggenda vuole che Roberto Sanseverino avesse voluto servirsi in fase di costruzione di maestri pipernieri che possedevano anche la conoscenza di segreti esoterici, arti magiche o conoscenze alchimistiche; essi dovevano convogliare tutte le forze positive e benevole dall’esterno verso l’interno del palazzo.
Per qualche strano motivo queste pietre segnate non furono collocate correttamente, per cui l’effetto fu esattamente opposto: tutto il magnetismo positivo veniva convogliato dall’interno verso l’esterno dell’edificio, attirando così ogni genere di sciagure sul luogo.

Questa sarebbe la ragione per cui, nel corso dei secoli, tante sventure si sono abbattute sull’area: dalle confische dei beni ai Sanseverino, alla distruzione del palazzo, dall’incendio della chiesa, ai ripetuti crolli della cupola, alle varie cacciate dei Gesuiti, e così via.
L’app per smartphone “Gesù Nuovo”, totalmente gratuita, permette non solo di scoprire il patrimonio storico e culturale della chiesa, ma anche di contribuire al restauro adottando una bugna. L’adozione delle bugne è possibile esclusivamente tramite app e dà il diritto di scolpire il proprio nome nel bugnato virtuale effettuando una donazione libera.
Obelisco dell’Immacolata: la leggenda massonica
Ho scoperto anche io da poco che l’obelisco al centro della piazza custodisce un’inquietante leggenda.
Si dice che in alcune ore del giorno l’aspetto della statua della Madonna cambi e si ha l’impressione di essere osservati. Il velo che avvolge il capo della Vergine, visto da dietro, appare come un volto stilizzato con lo sguardo fisso verso il basso e, secondo la leggenda raffigurerebbe la Morte in persona con tanto di gobba e scettro in mano.
Qualcuno pensa che il mistero sia legato a un’origine massonica. Per altri, soltanto religiosa.

Il monastero di S. Chiara: la leggenda di Sancha
Il Complesso Monumentale di S. Chiara, comprendente Chiesa, Monastero e Convento, fu voluto da Roberto D’Angiò e sua moglie Sancha di Maiorca, devoti a San Francesco di Assisi e a Santa Chiara.
La chiesa, dall’evidente stile gotico, conserva la traccia di un affresco della Crocifissione, in cui si riconosce la mano di Giotto, chiamato a decorare le pareti della chiesa.

Secondo la leggenda, dal giorno della sua morte, Sancha in abito lungo e con gli occhi pieni di lacrime passeggia all’interno dell’enorme area monumentale. Nessuno può incrociare il suo volto: “chiunque in passato l’abbia disturbata mentre era intenta a pregare, sarebbe morto immediatamente”.

Il chiostro del Monastero di Santa Chiara: vieni a scoprire la Napoli più instagrammabile
Non è facile ricostruire la storia del Chiostro, una vera oasi di pace proprio nel centro di Napoli con maioliche policrome dipinte con un gioco di prospettive e colori, che si armonizzano perfettamente con le sfumature della natura circostante.
Negli anni le spose napoletane si son fatte la guerra pur di prenotare il chiostro per le foto nuziali, oggi invece è la location ideale per delle foto pro Instagram che faranno invidia a tutti i vostri follower.


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