Si dice Roma e si pensa al Colosseo, a san Pietro, ai Musei Vaticani: tutto giusto, ma in più di duemila anni di storia Roma ha messo insieme aneddoti, storie, curiosità e opere d’arte inimmaginabili. E allora questo articolo è dedicato alle 10 cose di Roma che forse non sapete. Curiosi di cominciare? Annàmo!
Tra sacro e profano: alla scoperta delle curiosità di Roma che dovete sapere!
1) Una santa davvero particolare
In città esistono centinaia di chiese, dalle più monumentali alle più piccoline, da quelle medievali a quelle moderne… c’è però una chiesetta che può di certo vantare la palma della più curiosa: si tratta di santa Passera!
Tra il Tevere e via della Magliana, pare esistesse già dall’VIII secolo, quando venne costruita sopra un sepolcro antico: sì, tutto molto interessante direte voi, ma chi è questa Passera? Mi spiace deludervi, ma non esiste una santa con questo nome, ma un certo san Ciro (al quale, assieme a un san Giovanni originario dell’Egitto, era dedicata all’inizio la chiesa) che poi qualcuno ha chiamato Abba Ciro – padre Ciro, insomma – poi storpiato in Appaciro, Pacero, Pacera, fino ad arrivare alla famosa Passera. Insomma, un po’ come nel gioco del telefono, a ogni passaggio qualcuno ha voluto metterci del suo, capendone sempre meno dell’origine di quel nome, ma regalandoci di certo una santa sui generis.

2) La protettrice dei più piccoli: Santa Pupa!
Ancora santi? Sì, e pure questa volta sono santi che non esistono. Non so come sia percepita al di fuori del GRA, ma qui possiamo contare su una (altra) santa onoraria: santa Pupa.
Il piccolino è caduto dal seggiolone ma non si è fatto niente? L’ha protetto santa Pupa. Lasciato solo per un minuto, ha irrimediabilmente disegnato animaletti sulle pareti di casa? È allora lecito, e non è peccato, esclamare “mannaggia santa Pupa!”. Insomma, la santa può essere invocata per ogni fatto inerente ai piccoli di casa… ma purtroppo – dicevamo – non esiste nemmeno lei.
Questa curiosità di Roma è frutto della tradizione popolare, ricorda però alcune divinità minori del Pantheon romano, utili ad ogni aspetto della vita quotidiana: accanto a Giove, Mercurio e Minerva, gli antichi potevano allora invocare la dea Cunina che aveva il compito specifico di vegliare sulla culla, oppure Abeona, che protegge invece i primi passi, oppure Fabulinus, che permetteva ai piccoli di imparare a parlare. Dalla Roma pagana a quella Roma cristiana è cambiato tutto, ma non si poteva mica rinunciare a qualcuno che proteggesse i bimbi, non trovate?
3) La macchina della verità più celebre di Roma in realtà…
Tutti amiamo Vacanze Romane, la deliziosa Audrey Hepburn che gira la città in Vespa col suo bel Joe Bradley, la visita alla Bocca della Verità (a proposito, lo sapete che Gregory Peck improvvisò la scena in cui la mano gli viene mangiata? E che la paura e la sorpresa di lei sono reali?). Chissà se a Hollywood lo sapevano che una delle scene più iconiche che la storia del cinema ricordi ancora oggi prevedesse di infilare le mani in un tombino!
Sì, perché quel bel mascherone che oggi attira turisti da mezzo mondo, altro non era che la monumentale chiusura di un condotto che doveva far confluire l’acqua piovana nella grande bocca mezza aperta. Ma perché Bocca della Verità? Perché già dal Medioevo qualcuno aveva cominciato a ipotizzare che quel bel faccione sapesse pronunciare degli oracoli, e che riuscisse a scoprire le donne che non erano fedeli ai mariti…

4) Le illusioni ottiche
Il vecchio proverbio dice che non è tutto oro quello che luccica: in effetti qui a Roma ne abbiamo almeno un paio di ottime riprove.
Prendete per esempio la chiesa di sant’Ignazio: non troppo distante dal Pantheon, è una meraviglia barocca che chi è a Roma non dovrebbe mai perdersi perché tra affreschi, sculture, marmi è un tripudio di bellezza.
E poi, al suo posto, la cupola. Osservatela bene. Ora uscite fuori dalla chiesa: la vedete? No. Ripetete tante volte quanto vi basta per rendervi conto che la cupola che fa bella mostra di sé all’interno è solo un mirabile effetto ottico, una tela che dà l’impressione di uno spazio che, in realtà, semplicemente non esiste.
Curiosi di vedere qualcos’altro di simile? A palazzo Spada, dalle parti di campo dei Fiori, c’è una bella e lunga galleria che si apre nel cortile interno. Bella sì, ma lunga no: con l’utilizzo sapiente della prospettiva Francesco Borromini, che ne è l’autore, riuscì a dare l’impressione di uno spazio lungo una trentina di metri, quando sono invece poco meno di nove. L’inganno si svela però solo quando una persona la percorre fino in fondo.

5) Imprecazioni d’epoca
Diciamocelo: nell’anno che celebra i settecento anni dalla morte di Dante, vi siete forse negati la possibilità di citare in qualche modo il Sommo Poeta? Perché sì, l’italiano di Dante è ancora perfetto, è l’italiano figlio del dolce stil novo, è quello che usa anche Petrarca: una lingua raffinata, elegante, colta ma semplice. E se vi dicessi che una delle prime attestazioni della lingua italiana è una parolaccia?
Le prove sono custodite nella basilica di san Clemente, a un tiro di schioppo dal Colosseo: questo è un luogo fantastico che, oltre alla (bellissima) chiesa vera e propria può vantare ben due piani di sotterranei, uno romano (con addirittura un santuario dedicato al dio Mitra, ma questa è un’altra storia) e uno medievale, che corrisponde alla prima chiesa costruita da queste parti, poi danneggiata e ricostruita a un livello più alto.
Ecco, proprio qui si trova un affresco che racconta la leggenda di san Clemente e di come il santo si sia a un certo punto tramutato in colonna per evitare di essere cacciato di casa dagli scagnozzi di un certo Sisinnio, parecchio infastidito dal fatto che la moglie era diventata cristiana e aveva sempre la casa piena di petulanti fedeli. Succede allora che i due non si accorgono che il santo è diventato di pietra, e che facciano una fatica del diavolo per cercare di sollevarlo, con Sisinnio che gli urla contro: “fili de le pute, traite”. Direi che, a parte tradurre “traite” con “tirate” non ci sia molto altro da chiarire. Tra le curiosità di Roma della serie: facciamoci riconoscere.

6) La cripta dei Cappuccini
No, non è un bar misterioso (ma, a pensarci, potrebbero ricavarci una caffetteria… chissà che affari!) ma si tratta della cripta della chiesa di santa Maria della Concezione in via Veneto. Qui, in barba alla Dolce Vita che sarebbe arrivata qualche secolo dopo, i Cappuccini pensarono bene di allestire un curioso museo di tibie, crani, femori e omeri di oltre quattromila frati che passarono a miglior vita tra Cinquecento e Ottocento, ossa disposte a formare elementi decorativi decisamente macabri, utili a riflettere sul trascorrere del tempo (sì, proprio come lui). L’effetto è sottilmente inquietante, la visita sconsigliata alle persone facilmente impressionabili. Sì, per loro molto meglio cornetto e cappuccino al bar.
7) Sacro e profano
Dalle ossa di migliaia di frati cappuccini alle donne nude. Il salto non potrebbe essere più grande, ma a Roma può succedere anche questo: stavolta andiamo però alla Fontana di Trevi. Ora, vi chiederò lo sforzo di non restare imbambolati a guardare la fontana più famosa del mondo e di non provare a lanciare una monetina: siamo qui per altro. E l’altro è la chiesa dei santi Vincenzo e Anastasio che sta proprio di fronte alla fontana.
Costruita nel corso del Seicento per volere del potentissimo cardinale Mazzarino, vanta una particolarità unica a Roma: sulla facciata, in alto a sostenere il cornicione, fanno bella mostra di sé un paio di giovani procaci, scandalosamente a seno nudo.
E, a pensarci bene, anche questa chiesa nasconde un particolare macabro: qui infatti c’era l’usanza di conservare i precordi, gli organi interni dei papi morti fino all’inizio del Novecento. Sempre dissacrante, Giuseppe Gioacchino Belli, il poeta romano più famoso di sempre assieme a Trilussa, descrisse la chiesa come un vero museo di coratelle. Come dargli torto?

8) Cavallini, cacio e pepe
Vi attirerò qui a Trastevere dicendovi che, proprio accanto al posto di cui voglio parlarvi, fanno una cacio e pepe deliziosa, servita in un cestino di parmigiano (per cui uno, non contento di essersi spazzolato un etto e mezzo di pasta, può alla fine mangiarsi anche il contenitore…).
Ritemprato così il corpo, possiamo pensare allo spirito, ed entrare nel cortile della basilica di santa Cecilia, chiesa medievale ricostruita più volte nel corso dei secoli. Non entrate però in chiesa, o meglio, non fatelo subito: suonate invece il citofono del portoncino sulla sinistra del portico e aspettate che una suorina vi venga ad aprire.
Basta la parola d’ordine (Cavallini) e lei vi indicherà un ascensore che vi porta in paradiso. Letteralmente: al primo piano del convento restano ancora grandi tracce di un affresco medievale, opera di Pietro Cavallini, che in origine si poteva vedere in chiesa – e che poi fu malamente coperto – che mostra il Giudizio Universale, con Cristo al centro e, più in basso, gli angeli che spartiscono le anime, quelli che fanno cortesemente cenno ai beati di accomodarsi in Paradiso e quelli che invece spintonano i dannati verso l’Inferno. Il bello è che, con un’offerta di pochi spiccioli, potete restare qui quanto volete, guardare gli apostoli occhi negli occhi e bearvi di fronte a tanta bellezza sconosciuta.

9) Scandaloso Agostino
L’abbiamo già visto: a Roma si mischia sempre il sacro col profano. E così, dall’altra parte di Trastevere c’è un altro splendido luogo che meriterebbe i visitatori dei musei Vaticani: villa Farnesina.
Voluta all’inizio del Cinquecento dal ricchissimo banchiere senese Agostino Chigi (uno che al tempo chiamavano il Magnifico, quindi non proprio l’ultimo arrivato), la villa era teatro delle sontuose feste che il banchiere offriva ai suoi invitati: pare addirittura che in qualche caso – precoce esempio di riccanza – Agostino avesse fatto gettare nel Tevere, che corre là vicino, tutto il corredo di stoviglie appena usato per il banchetto (riccanza sì, ma Agostino mica era fesso: non vista dagli ospiti, una rete era stata predisposta per raccogliere tutto).
Dal punto di vista artistico, la villa è un vero scrigno di capolavori: un affresco rappresenta addirittura l’oroscopo del committente, che era pure un poco superstizioso, un altro è realizzato nientemeno da Raffaello, suo grande amico. Ma quello di cui voglio parlarvi è un piccolo dettaglio della loggia di Psiche: qui, tra le decorazioni di piante, fiori e frutta realizzati da un allievo di Raffaello, si nasconde una eloquente allusione sessuale, di certo beneaugurante simbolo di prosperità se pensiamo che tutta la villa celebra l’amore di Agostino per sua moglie Francesca. Dove sta questo particolare? Non ve lo dico, dovrete trovarlo da soli…

10) E, per finire, il fritto misto
Tra le curiosità della Capitale che non ti aspetti: città delle fontane, Roma può anche vantare quella dedicata… al fritto misto! Andiamo con ordine: a piazza della Repubblica, proprio accanto alla stazione Termini, si pensò bene di costruire a fine Ottocento una bella fontana monumentale.
I lavori vennero affidati a Mario Rutelli (nonno di Francesco) che pensò a una scultura in cui uomini e creature marine lottavano furiosamente. Ora, avete presente quando appendete un quadro alla parete e, più lo guardate, meno vi convince? Deve essere successa la stessa cosa con la fontana, al punto che – qualche anno dopo – si chiese ancora a Mario Rutelli di pensare a qualcosa di diverso che potesse sostituire il gruppo centrale, quello che ormai, vista la presenza di pesci e di polpi, tutti avevano cominciato a chiamare “fritto misto”.
Conclusi i lavori, e sostituito con qualcosa di più digeribile più aggraziato il fritto misto, quest’ultimo venne spostato a piazza Vittorio, dove ancora oggi decora una piccola fontana, con buona pace degli antichi detrattori.


Diteci! Quante tra queste curiosità di Roma conoscevate già?
E lo sapete che su Vita su Marte c’è tutta una sezione dedicata alla Capitale?
1 Commenti
la n. 6 l’ho vista, mi ci ha portato un’amica di Roma, a me è piaciuta molto, suggestiva e impressionante direi