La solidarietà tra donne è un argomento sempre troppo delicato e il mito di Medusa è l’esempio di come una vittima diventi colpevole e di come noi donne non perdiamo neppure un’occasione per schierarci dalla parte sbagliata.
Non mentire e confessa che almeno una volta al mese anche tu rivolgi un’invettiva contro la tua collega, una ciabatta a tua sorella e storci il naso guardando i reel Instagram di quella certa influencer. (Una volta al mese, così poco?!)

Se anche per te Medusa non è altro che un mostro, ti consiglio di leggere l’articolo per approfondire la vicenda: magari decidi che essere solidali è meglio che odiare senza ragioni ed è certamente meno stressante!
Il Catfight
L’invidia è tra i sentimenti più infimi ed è tipicamente associata al genere femminile: insomma, mentre gli uomini si misurano le grandezze nelle mutande (e nei garage), noi lanciamo saette dagli occhi alle nostre rivali in amore pur di vederle soccombere.
Commenti malefici fatti di sottecchi, screen delle storie di Instagram inviati a mezza rubrica per poterne sparlare e tiri mancini vari ed eventuali.
L’odio che rivolgiamo alle rappresentanti del nostro stesso sesso attira interessi, sguardi e chiacchiere, tanto che attorno agli anni ’40 negli Stati Uniti con il termine catfight si comincia a indicare la lotta a suon di graffi solita delle donne.

Queste lotte hanno popolato dei videoclip che giravano durante il dopoguerra e sono scene ricorrenti nei B-movie e nei video erotici (e anche porno). La lotta tra donne è un argomento altamente interessante e attira like.
Le liti furibonde tra attrici, soubrette e donne della TV sono così frequenti nei programmi televisivi perché hanno lo scopo di far aumentare lo share e le visualizzazioni.

La solidarietà tra le donne nell’antichità
Quando si tratta di farsi la guerra non c’è bisogno di un ring, perché le donne sono bravissime a farsela anche nella vita di tutti i giorni: si mettono i bastoni tra le ruote a vicenda, sono ipercritiche tra loro, si guardano più come avversarie che come alleate. Quanta energia sprecata. Pensate se decidessimo di unire le forze, invece.

Se in questi casi la finzione è nettamente migliore della realtà, il mito di Medusa ci fa capire come, anche nell’antichità, l’astio femminile mieteva vittime.

La gorgone con un diavolo per capello, capace di pietrificare qualunque essere umano con lo sguardo, non è sempre stata una vipera indispettita, anzi.

Medusa è infatti la più grande vittima delle lotte intestine tra gli dei e delle narrazioni fatte dagli uomini.
Prima di diventare il logo di Versace era una delle tre sorelle gorgoni dall’aspetto per metà umano per metà serpentesco. Le sorelle brutte e immortali, lei mortale e bellissima.

Un po’ come successe poi con Biancaneve, crescendo Medusa divenne sempre più bella e, come avviene nelle migliori società patriarcali, questa cosa le portò più rogne che altro.
Cat calling, apprezzamenti non graditi e verde invidia da parte delle donne che la circondavano, Atena compresa.
La vicenda del mito di Medusa in breve
Medusa voleva diventare sacerdotessa di Atena e per questo doveva rimanere casta e pura.
Adempiva ai suoi compiti in maniera impeccabile e, a causa della sua bellezza e dei suoi modi gentili, finì per distogliere le attenzioni dalla divinità attirandole su di sé.
Ad Atena, che era dea senza dubbio ma pur sempre donna, la cosa non sfuggì e cominciò a nutrire seria invidia nei confronti della ragazza.
Comincia a sentirsi puzza di solidarietà tra donne vero? Ah, no?

Poseidone d’altro canto si interessò a lei considerandola uno strumento per vendicarsi di Atena.
I due erano acerrimi nemici: si erano sfidati su chi avrebbe dovuto essere il protettore dell’Attica ed Atena, aggiudicandosi il ruolo, si attirò l’odio di Poseidone.
Per vendicarsi (o semplicemente perché era un uomo di merda), il dio del mare attirò Medusa per sedurla e in seguito, dopo i continui rifiuti della ragazza, violentarla.
Lo dobbiamo ancora ripetere che “no” significa NO?

Quando si mette di mezzo un uomo la solidarietà tra donne svanisce del tutto
Donne che aiutano le donne, queste sconosciute.
Atena avrebbe dovuto difendere la sua adepta e scontrarsi con Poseidone per il torto ricevuto, non trovate?
Lo stupro, già traumatico di per sé, finisce in secondo piano rispetto agli aspetti relazionali e sociali che scaturiscono. Omissione di soccorso, colpevolizzazione della vittima perché l’esistenza stessa della vittima non è accettata dalla società.
L’invidia non perdona, le donne non si sostengono e neppure Atena si comportò come avrebbe dovuto decidendo di prendersela con Medusa, colpevole di aver violato il voto di castità a causa della sua eccessiva vanità (eh, ma non si va mica in giro in minigonna!).
Chi è il mostro dunque? La ragazza appariscente, vittima di stupro e del giudizio della società oppure la dea stronza?
La tradizione vuole che Atena sia la dea della saggezza e della giustizia, pensate.

Cornuta e mazziata fu trasformata nel mostro mitologico che tutti conosciamo, ovvero coi serpenti al posto dei capelli e col potere di pietrificare chiunque la guardasse.
Stiamo parlando di un mito; eppure, risulta talmente attuale!
La vittima purtroppo viene trasformata in colpevole da tempo immemore.



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