Inventing Anna, che poi è la storia della truffatrice Anna Sorokin, celebra il mito dell’apparenza fondato sulla veridicità del proverbio “l’abito fa il monaco”. Nulla di più vero se non fosse che prima o poi… “tutti i nodi vengono al pettine”.
Una storia che ci insegna qualcosa sull’arte del bluff
Scrivo questo articolo mossa da grande ammirazione. Ragazzi, io non saprei truffare nemmeno un bambino in fasce e non tanto per la mia proverbiale onestà o per integrità morale, ma perché non eccello nell’arte del bluff.
Ebbene sì, bluffare è un’arte, non ti puoi improvvisare. La carriera del truffatore richiede impegno, dedizione, maestria e una precisione ossessiva, basta guardare Prova a prendermi per capirlo.
Come Frank Abagnale, che nel film era interpretato da Leonardo di Caprio, anche Anna Delvey ha un curriculum da truffatrice di tutto rispetto.
Abbiamo conosciuto la sua storia grazie alla serie Netflix Inventing Anna e ci siamo domandati tutti come diamine sia riuscita a prendersi gioco dell’élite di New York e delle più potenti istituzioni finanziarie del mondo.


Il tocco di Shonda
Shonda Rhimes è il Re Mida delle serie TV (per fare qualche esempio: Grey’s Anatomy, Scandal e Bridgerton) e il suo tocco è inconfondibile.
La Shondaland ha comprato i diritti dell’articolo “How Anna Delvey Tricked New York’s Party People“ scritto dalla giornalista Jessica Pressler e pubblicato dal New York Magazine nel maggio del 2018, che ne ha ispirato la trama.
Dalla sua uscita, Inventing Anna ha fatto interrogare il pubblico sulla veridicità dei fatti e, riguardo a questo, è necessario ricordare che, proprio all’inizio, lo spettatore viene avvisato: “Tutta questa storia è completamente vera. Tranne che per le parti assolutamente inventate”.


“How Anna Delvey Tricked New York’s Party People” – La storia vera o presunta
Anna Delvey – o meglio Anna Sorokin, il suo vero nome – è una ragazza russa classe ’91.
Il padre è un camionista, mentre la madre ha un minimarket (la sua pagina Wikipedia è abbastanza ricca di dettagli).
La famiglia si trasferisce in Germania quando lei ha 16 anni e lì, oltre a studiare, inizia ad amare tutto ciò che è moda, a cominciare dalla rivista Vogue.
Nel 2011 la sua vita cambia: prima frequenta una scuola d’arte a Londra, poi si trasferisce a Berlino per un’esperienza da stagista nelle pubbliche relazioni, finché approda a Parigi dove comincia uno stage per la rivista Purple ed è lì che da Sorokin passa a Delvey, un cognome forse più appropriato per portare avanti le sue ambizioni.

A star is born: le ambizioni megalomani di Anna Delvey
Nel 2013 Anna si reca a New York e lì si rende conto che fare conoscenza è molto più facile che a Parigi, così ci rimane.
Non è semplice ricostruire la sua storia ma, facendo un collage di tutti gli articoli usciti su di lei, si può dire che sia proprio a questo punto della sua “carriera” che comincia a proporre l’idea di una fondazione artistica a suo nome a diversi personaggi facoltosi.

Assegna all’architetto Gabriel Calatrava (figlio del Calatrava che ha rifatto il World Trade Center dopo l’11 settembre) il restauro della Church Missions House, un edificio tra Park Avenue South e la 22esima Strada. L’artista Christo, uno dei massimi esponenti della Land Art, ne avrebbe impacchettato l’esterno per l’inaugurazione.
Coinvolge anche il ricco albergatore André Balazs per l’ospitalità e Richie Notar, co-proprietario della catena di ristoranti Nobu, per aprire ben tre ristoranti, una bakery e un bar; mentre le sale espositive avrebbero accolto le opere di Damien Hirst e Jeff Koons.

Il segreto del successo
Questo è il team e le ambizioni sono davvero alte, ma nessuno mette in dubbio che questa ragazzina possa farcela.
La domanda che una persona normale si fa a questo punto è: “Come può una ventiseienne dalle dubbie origini attirare l’attenzione di ricconi newyorkesi (non giocando sull’aspetto fisico, sia ben chiaro)?”.
La risposta è semplice: fingendo di possedere un patrimonio da 60 milioni in svizzera. La storia che racconta Anna, infatti, è quella d’essere un’ereditiera tedesca con un fondo fiduciario all’estero.

Il gioco funziona: fingere di essere dannatamente ricca porta i ricchi veri a identificarla come una di loro. Il gotha, probabilmente, ha delle regole tutte sue, tanto che Anna riesce a fregare un aereo privato perché amica – o presunta – del CEO della compagnia di jet, che la fa salire prima di ricevere il pagamento che non arriverà mai.
Riesce a farla franca con lussuosissimi hotel, dove vive quando si trova nella Grande Mela, sganciando mance da centinaia di dollari.
Il gioco si fa veramente pericoloso quando la Sorokin si affida allo studio legale specializzato in trattative immobiliari Gibson Dunn, che la segue nella richiesta di un prestito da 25mila dollari alla City National Bank e al Fortress Investment Group per affittare la Church Missions House e aprire la sua fondazione.
I nodi che vengono al pettine
Anna non ha un un padre ricco, né un fondo fiduciario. Non ha assolutamente nulla se non un cervello che evidentemente funziona a mille e la capacità di contraffare eccellentemente i documenti. Per questo il mondo che ha costruito è destinato a sgretolarsi.
Spesso le sue carte di credito vengono rifiutate, le persone che la circondano, seppur incredule, cominciano ad avere dei sospetti, come la photo editor di Vanity Fair Rachel DeLoache Williams, che si ritrova a vivere con lei una vicenda surreale durante un soggiorno al resort La Mamounia a Marrakech, dove una suite costa settemila dollari al giorno.


Dopo un inizio di vacanza alla “Sex and the City 2” qualcosa va storto: la carta di credito della Delvey non è valida e l’albergo ne pretende una che funzioni davvero. La Williams, per uscire da una situazione che comincia a farsi anche un po’ pericolosa, mette a disposizione la sua, pagando un conto da 60mila dollari. Io sarei morta sul colpo, lei ci ha scritto un libro.
Caduta libera
La City National Bank nega il prestito, ma il Fortress Investment Group le concede un credito in cambio di un deposito a garanzia di 100mila dollari. È fondamentalmente “il cane che si morde la coda”, questo a riprova di ciò che mi ha sempre detto mia madre: “soldi chiamano soldi”, nel bene e nel male. (Abbiamo capito che potrei scrivere questo articolo eliminando tutto tranne i proverbi e le grandi massime).
La City National Bank torna utile di nuovo concedendole un fido che consentirà alla Sorokin di girare 45mila dollari al Fortress Investment Group, il quale però invia in Svizzera degli ispettori per verificare l’effettiva esistenza del patrimonio. Che ansia ragazzi, avrei perso tutti i capelli.
Insomma, fra amiche indebitate fino al collo per salvarle la pellaccia che rivogliono il loro denaro, le banche che approfondiscono – giustamente – la sua situazione finanziaria e gli hotel che ormai hanno capito che questa alla fine non paga, tutto il mondo di Anna Delvey si sgretola sotto gli occhi della stessa Sorokin.

Il processo
Anna Delvey-Sorokin viene arrestata definitivamente il 3 ottobre 2017 con sei accuse per truffa aggravata e tentata truffa aggravata, oltre a tre accuse per furto.
Il processo diventa virale, un “evento mondano” che attira la stampa. La ragazza si rifiuta di presentarsi con gli abiti forniti dal carcere, indossando solo capi griffati, con i quali viene immortalata. Le sue foto fanno il giro del mondo: il mito è destinato a diventare leggenda.



La serie TV: i protagonisti di Inventing Anna
La protagonista Julia Garner, che abbiamo già visto in Ozark, interpreta Anna perfettamente, sebbene la Sorokin dal carcere diceva che avrebbe voluto vedere Jennifer Lawrence o Margot Robbie come protagonista.
Nel cast c’è anche Katie Lowes, che interpreta la photo editor Rachel DeLoache Williams, e Laverne Cox (Sophia Burset in Orange Is the New Black), nel ruolo della personal trainer di Anna. L’attrice Anna Maria Chlumsky, che ci ha traumatizzati ai tempi di Papà ho trovato un amico, interpreta la giornalista Jessica Pressler.




Socialite o assoluto genio femminista?
La parola arrivismo ha un peso estremamente forte: significa “smania di raggiungere in breve e senza scrupoli un’elevata posizione sociale”. Ci ricorda l’impresa di Anna Sorokin, certo, ma non solo.
Ogni persona accanto a lei ha dimostrato che ciò che conta in certi ambienti è l’apparenza. Basti pensare al suo processo, che si è trasformato in una fiera della vanità senza precedenti. La serie di Shonda, bisogna ammetterlo, è l’ennesimo prodotto di questa mentalità perversa che non punisce mai veramente certi atteggiamenti.


Anna viene descritta sotto due diversi aspetti: come una socialite, la regina delle wannabe senza alcuno scrupolo, viziata, insopportabile anche quando si trova dietro le sbarre e fuori di testa. Ma ne ritrae anche un altro aspetto, probabilmente gonfiandolo parecchio, quello dell’eroina femminista.
Lei si è fatta strada grazie a un cervello funzionante, non le bastava sicuramente sposare un riccone per fare soldi (e quanto sarebbe stato più facile). Con il denaro che ha rubato, esclusi vestiti, hotel e trattamenti estetici, voleva aprire una fondazione artistica, un luogo di arte e cultura.
Chi l’ha supportata facendosi fregare, sempre per mancanza di scrupoli, non ha subito grandi conseguenze. L’avvocato dello studio Gibson Dunn nella serie perde semplicemente il campo di squash migliore del circolo. Anche il suo legale Todd Spodek sembra aver capito di aver ottenuto il caso della vita e le persone che le sono state amiche, come la Lowes, utilizzano questa storia per pubblicare libri e articoli di giornale.
Insomma, nessuno ne esce pulito, ma questa è la storia del mondo, la conosciamo bene e abbiamo imparato ad accettarla. Anna Sorokin, a quanto pare, non ha apprezzato particolarmente il suo ritratto e vive come un’ingiustizia l’idea di ritrovarsi ancora in prigione.
