Se penso alle guide dei ristoranti migliori d’Italia, immagino un’automobile vintage, che nella tasca sul retro del sedile passeggero sfoggia con gaudio una cartina geografica e, per l’appunto, una guida sgualcita, capace di condurre il viaggiatore nei migliori templi del gusto di tutto il mondo.
Eppure la mia libreria da ragazza del XXI secolo che ama mangiare bene ne contiene qualcuna, perciò posso affermare – quantomeno per orgoglio – che non siano passate per niente di moda.


Certo, oggi alla carta si è aggiunto tutto un mondo digitale, che rende la ricerca del “ristorante giusto” decisamente più smart.
Ma cosa sono queste guide? E a che servono, nell’era in cui basterebbe andare su TripAdvisor per leggere un’infinità di recensioni che però – si sa – nella migliore delle ipotesi sono quantomeno esilaranti?

By @christophehaychef & @chefjenoracz
Michelin: la guida delle guide
Ne abbiamo già abbondantemente parlato in un doveroso approfondimento dedicato: la Michelin è la Queen delle guide ai ristoranti, tra i massimi traguardi al quale uno chef può ambire, sinonimo di gloria del firmamento.
Ma non è l’unica, anzi, si può dire che vi siano guide per tutti i gusti, le tasche e le ambizioni.

by @anett_beres
Childhood Kaiserschmarrn @wolfgangpuck

By @alexander_herrmann_offiziell & @tobias_baetz_offiziell & @szullosabina

by Mark Lundgaard @konghanskaelder & @szilardtoth1

by @pacoroncero & @istvanszantochef
Il Gambero Rosso
Il 16 dicembre 1986, allegato al quotidiano Il Manifesto, uscì un supplemento di 8 pagine. Si chiamava Gambero Rosso e in prima pagina riportava il titolo: “I Neoforchettoni”, riferendosi ad ArciGola, ovvero le storiche radici associative di Slow Food prima che prendesse questo nome. Uno splendido tema d’apertura per una rivista che prometteva di fare vera informazione culinaria.
Gambero Rosso per i food addicted significa cultura, basti pensare alla rivista mensile: ricca di contenuti che raccontano il panorama enogastronomico con approfondimenti e interviste.
Negli anni ’80 sembrava assurda l’idea di allegare una rivista enogastronomica a un quotidiano (e che quotidiano), in più era il periodo in cui gli italiani sembrava si fossero scordati di come diavolo si mangia (un medioevo culinario del quale si ricordano pennette alla vodka e risotto alla fragola, nonché l’era per eccellenza dei prodotti confezionati).




Il nome sembra prendesse ispirazione dalla celebre storia di Pinocchio, il “Gambero Rosso”: l’osteria dove il gatto e la volpe lo portarono a cena, ma pare avesse molto a che vedere anche con lo scenario politico del tempo e una sinistra che arretrava, proprio come un gambero.
L’obiettivo primario era quello di denunciare tutte le ingiustizie in campo enogastronomico, a cominciare già allora dai pesticidi utilizzati in agricoltura, tutelando i consumatori.
Vini e Ristoranti d’Italia – tutte le guide Gambero Rosso
Nell’87 esce la prima guida Vini d’Italia, curata anche da Carlo Petrini (il “Capo supremo” di Slow Food per intenderci).
Ai vini vengono assegnati dei calici: tre ai vini migliori, due a quelli un po’ meno buoni, uno a quelli comunque da provare.
Due anni dopo nasce la guida dedicata a Roma e la celebre Ristoranti d’Italia.
Attualmente la guida attribuisce un punteggio nelle categorie cucina (fino a 50 punti), sala (fino a 30 punti) e cantina (fino a 20 punti) e premia con un bonus soprattutto le attività che eccellono per lotta allo spreco, etica e sostenibilità.


Ma le guide non finiscono qui, siete appassionati di sushi? Potete sfogliare Sushi – 250 indirizzi in Italia. Amate lo street food? c’è una guida anche per voi, con oltre 600 indirizzi per gustare il miglior cibo di strada. Abbiamo anche Pane&Panettieri d’Italia, Pizzerie d’Italia, Bar d’Italia ed Enoteche d’Italia. Insomma, c’è una guida pronta a soddisfare ogni nostra perversione culinaria, che gioia!
Osterie d’Italia: l’eccellenza alla portata di tutti
Il ritratto tipico del sapiens che possiede e consulta Osterie d’Italia spesso converge con il tanto caro radical chic. Non sempre, ma accade. Certo è che ama mangiare, ovvio, e tende a farlo con attenzione maniacale alla selezione dei prodotti.
Ama la carne, ma gradisce sapere esattamente da dove arriva, chi l’ha allevata e come. Si destreggia fra produttori che praticano la biodinamica e gruppi di acquisto solidale, è socio Slow Food e conosce a menadito anche la guida Slow Wine.


A popolare le pagine di questo “faro per cultori del buon cibo” da oltre 30 anni sono osterie, trattorie, agriturismi e ristoranti scelti per una cucina che rappresenta particolarmente il territorio, prezzi più che onesti e l’utilizzo di ingredienti d’eccellenza, ma d’altronde il motto Slow Food è buono, pulito, giusto.
Ci sono i locali vicini alle uscite autostradali e alle stazioni ferroviarie, oltre a quelli che valorizzano l’olio extravergine. I più meritevoli sono premiati con la chiocciola o con la bottiglia, quando è il vino a eccellere.
Osterie d’Italia, sussidiario del mangiarbere all’Italiana è nata nell’anno in cui Slow Food si è costituita ufficialmente con il congresso di Venezia.
Chi la sceglie cerca cibo autentico, con pochi fronzoli. Vuole sedersi a tavola e sentirsi a casa, affidandosi a dei ristoratori che hanno lavorato sul rapporto di fiducia con il cliente e riescono a trasmettere tutto il bello di fare ristorazione nel proprio territorio.

Identità Golose – la guida online
Una guida che non crede nella carta, perché pubblicare online consente una certa elasticità, utile quando i numeri possono cambiare repentinamente a seconda di chi apre e chi chiude, specialmente negli ultimi tempi. Non c’è abuso di alberi e, certamente, la fruizione è molto immediata.


Identità Golose nasce nel 2004, ispirata da un congresso italiano omonimo, nato per raccontare cucina e pasticceria d’autore tra Milano, Londra, New York, Chicago e Boston.
Il suo papà si chiama Paolo Marchi ha scritto di sport e gastronomia nel Giornale per 31 anni ed è autore di libri di cucina. È anche inviato di Striscia la notizia e con i suoi servizi ha il compito di raccontare la cucina italiana in modo leggero e divertente.

Foto: Federico Polloni
Identità Milano – un’analisi lucida che racconta la cucina in continua evoluzione
Non è un atteggiamento puramente snob quello che spinge Identità Golose a rifiutare la carta. Il cuore del tema è l’evoluzione costante. Per questo Identità Milano (così si chiama adesso), che quest’anno celebra la 17esima edizione, è un incontro con un programma focalizzato su ciò che accade nel mondo culinario oggi, dove l’oggi non dura più di un istante, perché è questa la velocità a cui viaggiamo.
Anche nel 2022 con la Guida di Identità Golose ai ristoranti di Italia, Europa e Mondo si raccontano ben 31 paesi.
Guida alle guide dei ristoranti: il mistero di criteri e giudicanti
L’assegnazione di un titolo è sempre un po’ avvolta nel mistero. Nei corridoi di cucine e ristoranti, come in quelli di una stampa informata ma non troppo “dentro” alla questione, si vocifera anche di accordi, partnership con prodotti da sponsorizzare e quel genere di cose che non stupiscono affatto.
Essere o non essere inseriti in guida cambia, credetemi.

Quello che sappiamo sulle guide è che gli ispettori Michelin vengono stipendiati secondo il contratto collettivo della gomma e della plastica dal colosso dei pneumatici Michelin, sono circa una novantina che vaga nell’anonimato intorno al mondo scambiandosi i paesi tipo figurine.
Osterie d’Italia, invece, ha quasi 400 collaboratori non professionisti, ma molto ben preparati e sempre anonimi, mentre Identità Golose ne conta un centinaio, sparsi in tutto il mondo.
Vi sarete accorti che non ho menzionato Le Guide de l’Espresso, la motivazione riguarda un’importante acquisizione. Ci auguriamo che, con il passaggio di proprietà, tornino agli antichi splendori che per ora sembrano essere confermati dall’uscita di maggio 2022, la prima sotto l’ala della nuova gestione.
Dal mondo delle guide dei ristoranti è tutto. Fateci sapere quali sono i vostri locali preferiti, chissà, magari un giorno faremo una guida tutta nostra, dedicata ai marziani che desiderano testare la migliore cucina terrestre.

Foto: @pieter_dhoop