Blonde racconta la vita di Marilyn Monroe in maniera piuttosto romanzata, ma quantomeno ti apre gli occhi, offrendoti una cruda prospettiva sulle vicende di questa donna bellissima e profondamente triste.

Vi racconto chi era Marilyn per me prima di vedere Blonde: una bionda in abito bianco con la gonna svolazzante, una figura molto sensuale in bianco e nero che canta “tanti auguri” al presidente Kennedy, l’attrice morta in circostanze poco chiare, una bionda in abito rosa dalla voce idilliaca che canta quanto le piacciono i diamanti, la faccia sull’opera iconica di Andy Wharol.
Vien da sé che sono una consumatrice media di un certo tipo di pellicole e che, probabilmente, non sono mai stata spinta ad approfondirne le vicissitudini, ma è certo che dopo aver visto Blonde il mio interesse è cambiato.

Blonde è un film che fa male
Il film Netflix di Andrew Dominik è stato presentato alla 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove ha ricevuto una standing ovation di 14 minuti.
Blonde, tratto dal libro omonimo di Joyce Carol Oates, racconta tutto ciò che di più oscuro è accaduto nella vita di Marilyn Monroe: gli abusi, gli aborti, l’abbandono della famiglia, la depressione e la tragica morte. Lo fa, come d’altronde il libro, oscillando tra la verità e il racconto di fantasia, portando all’estremo ogni cosa, per lasciare lo spettatore completamente dilaniato.
Chi era Marilyn Monroe
Marilyn Monroe vs Norma Jeane
Norma Jeane Morthenson Baker è nata a Los Angeles il 1 giugno 1926 ed è morta sempre a Los Angeles il 4 agosto 1962.
Ha avuto un’infanzia sballottata tra case-famiglia, una madre affetta da schizofrenia paranoide e un padre dall’identità sconosciuta, anche se pare si trattasse di Charles Stanley Gifford, impiegato alle vendite della Consolidated Film Industries.
Venne scoperta da David Conover nel 1945, che andò nella fabbrica dove lei lavorava per fotografare delle ragazze che tenessero su il morale delle truppe al fronte per la rivista Yank. Per quelle fotografie la Monroe venne eletta Miss lanciafiamme.

All’epoca era ancora mora, fu Emmeline Snively, direttrice dell’agenzia pubblicitaria Blu Book School of Charm and Modeling, la più importante in tutta Hollywood, a schiarirle i capelli e a insegnarle l’atteggiamento da femme fatale.
Le immagini di questa meravigliosa ragazza cominciarono a fare il giro del mondo e l’interesse nei suoi confronti crebbe al punto che nel 1946 firmò il suo primo contratto con la Fox. E fu così che Norma Jeane si trasformò in Marilyn Monroe.

L’attrice oltre la sex symbol
Quanto spesso capita ancora che si sottovaluti il talento di un attore distratti dall’imponenza intrascurabile del suo aspetto fisico?
Marilyn studiò recitazione, ma ebbe moltissime difficoltà nell’ottenere parti di spessore, a lei facevano fare la bionda frivola. La sua carriera decollò a fatica, ho letto che nei periodi di magra dovette anche prostituirsi sulla Sunset Boulevard e fare la spogliarellista nel Mayan Theatre.

Fece il salto quando incontrò Johnny Hyde, che ne apprezzava il talento (e non solo) e credeva fosse destinata a grandi cose. Lui le fece ottenere una parte in The Asphalt Jungle.
Ottenne il suo primo ruolo da protagonista nel 1952, interpretava una babysitter psicolabile in Don’t Bother to Knock. Ma il successo mondiale arrivò l’anno successivo con Niagara.
Il 22 gennaio 1954 vinse l’Henrietta Award ai Golden Globe come “migliore attrice del mondo“.
Mariti e amanti
In Blonde salta completamente, ma c’è stato un marito non famoso nella vita di Norma che si chiamava James Dougherty. Lei aveva solo 16 anni, ma le nozze furono orchestrate da Grace Goddard, che all’epoca era la sua tutrice. L’alternativa al matrimonio sarebbe stata tornare in orfanotrofio.
I due rimasero insieme fino al 1946, anno in cui lei firmò con la Fox mentre e lui era nella Marina Mercantile.
Dopo Dougherty si sposò altre due volte.

Il matrimonio con il campione di baseball dei New York Yankees Joe DiMaggio, durò solo 9 mesi, anche se lui fu una presenza che l’attrice si portò dietro fino alla fine e oltre, perché si occupò del suo funerale.
La causa della complessità del loro rapporto è semplice: gelosia. DiMaggio voleva che la Monroe si ritirasse, per diventare una moglie devota, ma mentre lui era nella fase conclusiva della sua carriera, quella di lei stava decollando. Così l’atleta tendeva a diventare violento. La goccia che fece traboccare il vaso fu proprio quella scena notissima in cui la Monroe se ne sta in abito bianco a tentare di abbassarsi la gonna, nel film Quando la moglie è in vacanza. Blonde coglie esattamente questo rapporto malsano e precario, sottolineando la violenza di DiMaggio nella vita di Marilyn.
Poi arrivò Arthur Miller. Di questo rapporto sembra confermato il grande dolore della diva a causa degli aborti e dell’opinione che lui aveva nei suoi confronti: Marylin, infatti, nel diario di Miller trova scritto quanto lui sia rimasto deluso e persino imbarazzato da certi suoi comportamenti.


Sebbene la vicenda del triangolo amoroso sia piuttosto affascinante vi avverto tristemente che non è confermata, tutt’altro, pare che sia vero che l’attrice abbia frequentato Charlie «Cass» Chaplin Jr. e Edward «Eddy» G. Robinson Jr., ma separatamente e in periodi diversi.

Ha avuto parecchi amanti Marilyn, noti e meno noti, tra questi Frank Sinatra (e chi non ci sarebbe cascata) e Marlon Brando.
Certo le sue relazioni più scandalose furono quella con il Presidente degli Stati Uniti d’America John F. Kennedy e con il fratello Bob Kennedy.
Tra tutti il rapporto con il presidente in Blonde è descritto come il più squallido. Ma d’altronde la vicenda è triste e controversa, pare che quando Marilyn gli regalò un Rolex con questa incisione: “Jack, with love as always from Marilyn , May 29th 1962” lui se ne liberò regalandolo a un dipendente.
La relazione con Bob Kennedy sembra essere stata più intensa, non è ben chiaro se le due storie si siano consumate addirittura parallelamente. Se fosse stata mia amica io comunque le avrei suggerito di stare lontana da quei pericolosi donnaioli.
Abbandono, sessismo, aborto e violenza sessuale
Solo cose belle insomma.
Non si sa quante volte abbia abortito, in maniera spontanea e non. Qualcuno pronuncia numeri che superano la decina.
Per sopravvivere alla depressione prendeva barbiturici, ciò che pare ne abbia causato la morte, dietro la quale ancora oggi aleggia il mistero.

Ha subito abusi sin da bambina ed è sempre stata trattata come una donna-oggetto, sottovalutata e manipolata da chi le stava intorno, uomini e donne.
Ha più volte tentato il suicidio, è stata in cura quasi tutta la vita, ma nulla è servito, perché a 36 anni l’hanno trovata morta nel letto, probabilmente suicida.
Ana de Armas è Divina
Come hanno fatto e dove l’hanno trovata? Ana de Armas è disarmante nella sua interpretazione, nonché davvero identica alla Monroe.
Classe ’88, la de Armas è nata a L’Avana ed è cresciuta a Cuba. Ha ottenuto la sua prima parte a 18 anni e ha lavorato parecchio in Spagna.
È arrivata a Los Angeles nel 2014, non conoscendo bene l’inglese. Nel 2015 ha partecipato al film Knock Knock con Keanu Reeves, che l’ha poi invitata a partecipare ad una propria produzione: il film Nell’ombra di un delitto.
Nel 2016 ha recitato in Blade Runner 2049, ricevendo ottime critiche.

La sua interpretazione di Marilyn è straziante, ho letto che prima di interpretare la parte si è recata nella tomba dell’attrice e le ha lasciato un biglietto, chiedendole il permesso di poterla interpretare nel film.
Ha detto di aver provato 9 mesi per far sua la gestualità e la voce sensuale e sussurrata della diva.

Blonde: una versione della vita di Marilyn che ci spezza
Quando ho letto che Marilyn è stata sepolta in una bara di bronzo rivestita di seta color champagne, ho avuto un brivido sulla schiena.
Del suo corpo si occuparono la visagista personale, la parrucchiera e la costumista. Le misero la parrucca bionda che portava nel film Gli spostati e un abito verde di Emilio Pucci. Magari lei avrebbe voluto essere sepolta senza troppi fronzoli, come Norma Jeane e non, ancora una volta, nei panni di Marilyn Monroe.

Quello che Blonde ci racconta, al di là di ciò che è vero e ciò che è falso della sua vita, è che più Marilyn diventava famosa più Norma Jeane spariva.
Più era circondata da persone, tra avvocati, psicologi, collaboratrici, più era sola. Più si gettava tra le braccia degli uomini per sentirsi amata, più veniva abbandonata o tradita.
Questa profonda tristezza ti accompagna per tutti i 167 minuti del film e non ti lascia più.
2 Commenti
Ho adorato e odiato tutto, lei è sempre stata per me un’icona, una immagine leggendaria. Vederla cosi,romanzata ma secondo me molto fedele alla disperazione che realmente la avrà avvolta gran parte della vita la rende umana, una come me, come noi.
A volte trascuriamo l’aspetto di “normalità” dal quale nessuno prescinde fuori dalle quinte e dalle luci della ribalta… Ed è una tragedia per tutti, vip e non, quando si piomba nel baratro così. :-((( (Ho appena visto anche il documentario su Whitney Houston!).