Parigi, città dell’amore, dei croissant, delle francesi vestite da francesi. Avete in programma l’ennesimo viaggio nella città dell’amour? Se già conoscete la Ville Lumière e volete vedere qualcosa di nuovo, se amate l’arte (e le case d’artista) allora dovete visitare la casa di Claude Monet a Giverny, appena fuori Parigi.
Perché proprio la casa di Claude Monet? Ma perché è il luogo migliore per immergersi – letteralmente – nell’impressionismo.
Difficile non innamorarsi della casa e del giardino di Claude Monet
Non gli bastava, al signor Claude Monet, di essere un pittore (e che pittore, benché tra i suoi contemporanei in pochi lo capissero, e ancora in meno lo apprezzassero). No, lui voleva strafare, ed essere anche tra i migliori giardinieri di Francia: è riuscito anche in quello. E la sua casa di Giverny, appena fuori Parigi, è un capolavoro al pari di molte sue opere.


Monet prima di Giverny
Il sogno di Giverny Monet l’ha covato per una vita intera, una vita che ha in gran parte trascorso in mezzo alla natura, all’aria aperta. Pardon, en plein air: figlio di un droghiere di Le Havre, il piccolo Claude trascorre l’infanzia nella città sul mare, dove ama trascorrere le sue giornate, o scappare quando la scuola gli sembrava davvero troppo noiosa. Monet studente era infatti quel tipo di ragazzo che “può fare di più ma non si applica”; ecco, lui non si applicava granché, e preferiva scarabocchiare disegnini lungo i margini dei libri piuttosto che studiare la matematica. Chissà cosa pensavano i suoi insegnanti, e se uno di loro ha mai avuto sentore di avere a che fare con qualcuno che sarebbe diventato uno dei pittori più amati dell’universo.


Qualcuno, a dire il vero, se ne accorse: Eugène Boudin, per esempio – pittore anche lui – lo prese sotto la sua ala protettiva e gli seppe dare i primi consigli. Numero uno: dipingere all’aria aperta, a stretto contatto con la natura. E Monet esegue.


Da Le Havre il giovane Claude si sposta a Parigi, cuore pulsante dell’arte europea di metà Ottocento. Qui c’erano due schieramenti fieramente contrapposti: da una parte la grande pittura accademica, dall’altra una massa di giovani pittori (imbrattatéle, avrebbe detto più di qualcuno) che volevano sperimentare, raccontare con i loro dipinti qualcosa di diverso, un momento quotidiano, una strada, un tramonto, un prato fiorito.

Un prato fiorito
Monet abbraccia estasiato il nuovo modo di dipingere e popola le sue tele di colori e di luce. E di fiori, che lo affascinano da sempre, tanto che una volta pare affermò: “il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore”. Dev’essere per questo che io non ho né un giardino né alcun talento artistico…

Ma tant’è: Monet, lui sì che aveva talento, si destreggia con alterne vicende tra le esposizioni di quel nuovo gruppo di pittori, quegli Impressionisti dei quali tutti parlano in città. Ma c’è sempre un tarlo che lo rode: avere un giardino, coltivare un giardino, far crescere i fiori del suo giardino, dipingere i fiori del suo giardino. Ci riuscirà nel 1883 quando finalmente acquista un casolare a Giverny, appena fuori Parigi, per creare il suo piccolo paradiso, il Clos Normand.


Un paradiso colorato (e non poteva essere altrimenti): le mura esterne del casolare vengono dipinte di rosa, con le persiane di un bel verde brillante. All’interno, la cucina è ricoperta di mattonelle bianche e blu, la sala da pranzo pitturata di un bel giallo vivo, mentre per il salotto Monet sceglie un raffinatissimo azzurro tenue.


Dipingere con i fiori
Ma è proprio il giardino il vero capolavoro di Monet, il luogo in cui pare utilizzare bulbi e corolle come utilizzava il colore in tubetti. Per intenderci, Monet è così innamorato del suo giardino da decidere, qualche anno dopo essersi stabilito a Giverny, di comprarne un altro pezzetto di terreno, riuscendo perfino a ottenere la deviazione di un piccolo corso d’acqua per creare uno stagno. E che se ne faceva Monet pure di uno stagno, direte voi? Ci coltiva le ninfee, rispondo io. Serve aggiungere altro?
No, se non che le ninfee diventano la magnifica ossessione dell’ultima fase della vita e della carriera di Monet, che ci vede sempre peggio e che a un certo punto pare abbandonare ogni pretesa di verosimiglianza e abbandonarsi pienamente al colore. Non è certo un caso che, decenni più tardi, alcuni pittori astratti confesseranno di avere un grosso debito nei confronti di questo pittore.

Come vistare il giardino di Giverny e la casa di Monet
La casa di Monet e il suo giardino a Giverny sono aperti quest’anno dal 1° aprile al 1° novembre ed è la meta ideale per chi cerca qualcosa da vedere fuori Parigi: dalla gare Saint Lazare (che, splendida coincidenza, è anche il soggetto di un fantastico dipinto di Monet) si prende un treno che in meno di un’ora arriva alla stazione di Vernon. Da qui una navetta vi depositerà proprio di fronte all’ingresso del giardino.

Mettete in conto di dedicare alla visita una mezza giornata: vi occorrerà molto tempo per scegliere la giusta angolazione per le vostre foto e i vostri selfie, annusare ogni singolo fiore, immaginarvi di vivere in quella casa incantata, spendere gran parte del vostro patrimonio nel negozio in cui trovare libri, quadernetti, shopper, tazze, marmellate, semi da piantare (io li ho presi, ma non hanno dato i risultati sperati).
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